La logica del click day è sbagliata, ingiusta e controproducente

Come Urban Center abbiamo deciso di prendere posizione rispetto al click day, modalità simbolo dell’inefficienza del sistema burocratico-istituzionale.
A seguire, il comunicato stampa integrale. A essere gradita, più che la diffusione, è una riflessione collettiva e un’altrettanto collettiva presa di posizione.

La logica del click day è sbagliata, ingiusta e controproducente: come Urban Center ci rifiutiamo di sottostare a questa modalità, non possiamo continuare a illudere le speranze delle persone

Urban Center – associazione e impresa creativa cagliaritana che opera dal 2012 all’ideazione e sviluppo di progetti ed eventi che nascono su iniziativa interna o su richiesta di privati, pubbliche amministrazioni, imprese e terzo settore – ha preso la decisione di non partecipare al Fondo Imprese Creative istituito da Invitalia e, di conseguenza, di non promuovere lo strumento finanziario ai tanti potenziali beneficiari ai quali avrebbe potuto erogare un supporto per la partecipazione al bando.

A motivare l’azione a nome dell’organizzazione è il presidente, Stefano Gregorini: “Per l’ennesima volta, così come avvenuto in occasione del Fondo Impresa Femminile poche settimane fa, anche per il Fondo Imprese Creative viene adottata dalle Istituzioni la logica del click day, pur non dichiarata come tale; una modalità che non premia i progetti migliori ma ricalca un modello di accesso alle risorse a nostro avviso sbagliato, ingiusto e controproducente”.

Secondo l’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna il Fondo Impresa Femminile si è infatti chiuso dopo qualche ora dall’apertura con 424 domande provenienti dall’Isola (il 5,23%), su un totale di 8.095 a livello nazionale. A livello nazionale la Sardegna – fra le otto regioni (insieme a Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Molise Puglia e Sicilia) alle quali era destinato il 40% delle risorse del finanziamento – si è classificata al 12esimo posto, mentre ad aver inviato il maggior numero di progetti sono state la Lombardia e il Lazio con rispettivamente 1176 e 978 domande. Per accedere ai finanziamenti è stato necessario inviare la domanda all’apertura dello sportello, come un vero e proprio click day, anche se non è mai stato definito tale. La modalità scelta, per sua stessa natura, ha premiato chi aveva una connessione più forte, in un’Isola che notoriamente ha problemi di divario digitale, fra quelle regioni inoltre dove si vorrebbe che nascessero parte di quelle nuove imprese; per non parlare della piattaforma per l’invio delle domande: per lo sportello del 2 giugno, si è bloccata per qualche decina di secondi.

“Negli ultimi anni le istituzioni europee, statali e regionali, hanno promosso soprattutto nella popolazione giovanile l’imprenditorialità e il fare impresa, attraverso campagne di comunicazione, percorsi di formazione e strumenti finanziari – prosegue Gregorini – una narrazione spesso legata alla necessità di contrastare i fenomeni della disoccupazione e dello spopolamento che ha dato una spinta maggiore a tanti giovani nel decidere di creare un’attività economica, in quanto potenziali beneficiari di un supporto finanziario nelle fasi di avvio e di ingresso sul mercato; ma allo stesso tempo si tratta di una narrazione dissonante rispetto ai termini di accesso ad alcuni di questi Fondi”

Alla base della protesta una questione umana, non da poco: “lo Stato in sostanza invita i giovani a fare impresa con la promessa di un supporto, promessa che nel caso del Fondo Imprenditoria Femminile e del Fondo Imprese Creative non ha fatto altro che produrre tanta disillusione da parte di aspiranti imprenditori e imprenditrici che dopo aver deciso di creare un business plan – e quindi di investire una parte dei propri risparmi per ricevere un supporto da professionisti della finanza agevolata – hanno ricevuto una comunicazione via pec che annunciava la conclusione del fondo a disposizione sebbene avessero trasmesso la domanda nel primo minuto del primo giorno di apertura dello Sportello, che teoricamente sarebbe dovuto rimanere aperto per settimane. Lo Stato con la stessa velocità con cui ha dato speranza a categorie di persone marginalizzate, in poco tempo l’ha immediatamente tolta, sradicando anche l’idea di una possibilità, di una mano tesa da parte delle istituzioni”.

Se il merito alla base della domanda è la velocità con cui si fa click, la domanda sorge spontanea: “Ci chiediamo: Invitalia ed il Governo sono consapevoli del fatto che stanno minando buona parte delle nuove energie imprenditoriali presenti nei nostri territori? Il cortocircuito del sistema è evidente – aggiunge Gregorini – da una parte tantissimi giovani e donne con idee imprenditoriali innovative hanno deciso di mettersi in gioco con la volontà di aprire un’attività, anche spinti, lo ripetiamo, dalla promessa di un supporto da parte delle istituzioni; dall’altra la maggior parte di quelle stesse persone, scontrandosi in modo diretto con l’inefficienza del sistema burocratico-istituzionale, decidono di non proseguire. A chi giova tutto ciò? Perché le istituzioni non hanno ancora compreso queste storture e non agiscono con correttivi o con immediati ampliamenti della dotazione complessiva degli strumenti finanziari che attirano l’attenzione di tantissimi aspiranti imprenditori? Qual è l’obiettivo? Stimolare e supportare i giovani al fare impresa o far passare la voglia di farlo a chi decide di avventurarsi in un percorso di creazione d’impresa?”

In conclusione, un invito affinché una presa di posizione comune anche da parte delle organizzazioni che operano nel settore, possa ulteriormente mettere in luce una problematica a danno di ognuno: “Il click day non è lo strumento giusto, stanziare poche risorse che terminano nel giro di pochi secondi non è quello di cui ha bisogno l’imprenditoria italiana per emergere e svilupparsi. La nostra vuole essere una riflessione aperta e una presa di posizione che speriamo possa essere condivisa e al contempo possa aggiungere elementi di riflessione al dibattito pubblico sui temi”.